Abbiamo una ‘sana e robusta’ Costituzione (che qualcuno sta pensando bene di distruggere…)

di Angelantonio Minafra

Una premessa (piccola, per non annoiare molto i lettori, ma non ininfluente): la nostra Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista è stata insieme un fenomeno di partecipazione popolare ed un altissimo ed avanzato esercizio culturale. E’ stato un compromesso, necessario in un Paese che usciva da una disastrosa guerra civile e da vent’anni di buio della democrazia, fra classi antagoniste e bisogni contrapposti. E’ stata disattesa e mai realizzata fino in fondo nelle sue proposte più moderne e socialmente utili; è stata pesantemente minacciata più volte (per i più giovani: andate a rivedere la ‘legge truffa’, Gladio, la P2, il golpe Borghese, le stragi di stato…). I padri e le madri costituenti uscivano da anni di esilio, dal carcere, dalle lotte per il lavoro, venivano a ricostruire lentamente e faticosamente un senso comune in cui un popolo intero ritrovasse le ragioni per vivere insieme.

Il capitale ed i suoi partiti borghesi (la DC soprattutto) l’hanno stracciata mille volte senza vergogna: con la polizia che sparava ai contadini che occupavano le terre incolte o gli operai in sciopero, con i servizi segreti che piazzavano bombe sui treni, con le tante facilitazioni agli industriali che si arricchivano comprimendo i salari e inquinando a morte i territori.

Ma la nostra Costituzione poneva – e pone – con forza la questione dei diritti sociali come fondativa di questo senso comune di convivenza. Una società non sopravvive se i suoi figli più deboli non hanno il diritto alla casa, alla salute, alla istruzione. La proprietà privata non è un ‘furto’, ma sono posti “…limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti” (art. 42). Non è che non abbiamo a cuore le libertà civili (espressione, informazione, religione, abitudini sessuali), anch’esse gravemente offese da decenni di autoritarismo e obbedienze clericali, ma il compito fondamentale della Repubblica è “…rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3). Ed il lavoro diviene addirittura un obbligo morale dei cittadini, che devono “…svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4).

Allora vediamo bene che la rimozione degli ostacoli materiali che impediscono la applicazione di questa visione profetica non possono non passare attraverso la mediazione del conflitto fra lavoro salariato e proprietà dei mezzi di produzione. I cosiddetti ‘riformisti’ (il vasto fronte governativo dai democratici alla destra leghista) danno ormai per scontato che la mutazione delle relazioni fra le classi (la ‘scomparsa’ degli operai, l’impoverimento dei ceti medi) richieda una Costituzione dei ‘proprietari’ e non dei lavoratori, e che i rapporti di forza siano maturi abbastanza per cancellare con un tratto di penna diritti doveri conquiste e principi che hanno richiesto sangue e sudore e studio per affermarsi.

Ma quello che è stato scritto lì dentro resta ancora sostanzialmente valido, soprattutto per le famiglie che non possono pagare l’affitto, per i genitori che hanno figli disabili da gestire nella vita quotidiana, per i giovani laureati e diplomati che non trovano un lavoro ed un salario degno di questo nome e delle loro capacità, per gli anziani malati e abbandonati alla loro solitudine o alla assistenza privata, per le associazioni che si impegnano per la difesa dei beni comuni ( acqua, fiumi, montagne, boschi, aria respirabile, salute per tutti).

Le chiacchiere sul bipolarismo, sulla presunta necessità del presidenzialismo, sulla legge elettorale sono il fumo negli occhi, che abbiamo per fortuna imparato a distinguere, per farci dimenticare che in quella Costituzione ci sono ancora uomini e donne che costruiscono un futuro per tutti. E che persino noi comunisti, che vogliamo ancora abolire lo Stato borghese e la società divisa in classi, non smetteremo mai di difendere.

2 commenti su “Abbiamo una ‘sana e robusta’ Costituzione (che qualcuno sta pensando bene di distruggere…)

  1. Lo “stato borghese” non esiste più da un pezzo.

    La realtà è andata ben oltre Marx e le classi.

    Siete simpatici, ma rischiate di combattere fantasmi del passato con acchiappafantasmi del passato.

    1. Beh uno stato è borghese quando nei suoi organi istituzionali non ci sono rappresentanze del proletariato ed inoltre le stesse libertà e diritti di cui si fregia sono continuamente calpestati dagli stessi esponenti dello stato. Non mi sembra sia cambiato nulla.

      Stesso discorso per le classi, di cui ho parlato nell’articolo precedente (e ci sarebbe ancora da dire), l’analisi di Marx si è rivelata corretta, come lo stesso Time ha confermato qualche mese fa, e nulla è cambiato se non le forme, frutto del potere totalizzante dei media, che sono di certo non sono in mano a noi poveracci. 🙂

      Come dicevano Adorno e Horkheimer “il potere fa passare attraverso i media l’ideologia che è vitale per esso, come il concetto di bontà del sistema”, per cui classe o marxismo ci sembrano termini ormai antiquati.

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