Alienazione!

 

del circolo di Rifondazione Comunista di Ruvo di Puglia

Non suona bene la parola “alienazione”, neppure se prestata dalla psicanalisi e dalle scienze umane, da cui forse proviene, alla giurisprudenza.

Dare ad altri qualcosa che ci appartiene e che ci configura, per sempre

Traduciamo così questa – e le sue consimili dismissione, privatizzazione, cartolarizzazione – formula magica che permette agli Enti pubblici di vendersi per fare cassa, per sempre, dei beni immobili (case, palazzi, terreni, caserme, piccole isole addirittura) che, pur appartenendo a tutti, alla “collettività dei cittadini”, si dice  “non sono strumentali (cioè non essenziali o indispensabili) all’esercizio della propria funzione istituzionale”. Traduciamo ancora con un esempio: un Comune possiede un pezzo di Murgia, qualche ettaro di sassi incoltivabili buoni forse nemmeno per il pascolo secondo i più, ed ha bisogno di coprire un buco di bilancio accumulato per decenni di amministrazione incompetente o fraudolenta. Allora l’Amministrazione non affronta pubblicamente la questione, come pure gli è stato chiesto più volte di fare, andando in piazza a spiegare chi e perché hanno contribuito a creare questo “buco” e rivalersi civilmente su questi soggetti per far pagare i danni. No, pensa bene di vendersi cose che appartengono a tutti per ricavare qualche centinaia di migliaia di euro che in minima parte placheranno l’angoscia del fallimento.

Queste sono le premesse e allora, fin che si tratta di vendersi qualche appartamento o locale urbano che davvero serve solo agli affittuari che lo hanno utilizzato, la faccenda non nuoce a nessuno. Ma quando si comincia a pensare di vendere anche oltre 40 ettari di pascolo o seminativo, ubicati nel Parco dell’Alta Murgia, nelle località Serraficaia, Jazzo Rosso, Stornara e Ferratella, la cosa cambia drasticamente. Il Comune di Ruvo possiede centinaia di ettari di terreni, pascoli murgiani e boschi, alcuni provenienti da possedimenti dell’antico demanio regio o ex-feudale, altri dalla universalità degli “usi civici” in cui i contadini collettivamente usufruivano di legna, foraggio, pascolo etc, altri ancora da lasciti testamentari di ricchi possidenti che donavano alle Opere Pie  terreni e masserie i cui proventi  erano finalizzati (in epoche in cui il welfare era di là da venire) alla cura di anziani, orfani e indigenti. Era, come si può capire, un nobile, ammirevole esempio di solidarietà fra classi e generazioni che conserva una potente radice sociale e culturale che andrebbe ricordata e rivitalizzata e non svilita dalla frenetica attuale necessità di “fare cassa” con beni di cui non riconosciamo il vero valore d’uso.

Ricordiamo che una lettera aperta (allegato1), sottoscritta da cittadini, tecnici, operatori sociali e culturali aveva posto nel gennaio del 2011 la questione della destinazione dei terreni ex-IPAB come di altri terreni di proprietà pubblica (ex-ERSAP come il bosco Scoparello, o ASL come la masseria e i terreni “Monte di pietà”), invitando la precedente Amministrazione Stragapede ad un intervento deciso, e coerente con la sedicente  dizione di ‘centro-sinistra’ che si dava, verso la dichiarazione di queste terre come patrimonio indisponibile del Comune, per la loro salvaguardi , non per la loro “valorizzazione”. Questo appello è ovviamente caduto nel vuoto e nella insensibilità assoluta, nella inconsapevolezza e nella incapacità della politica locale di pensare a qualcosa che trascendesse il proprio misero e angusto spazio e tempo.

Ricordiamo ancora che fra i terreni ex-IPAB vi sono oltre 60 ettari della località Parco del Conte (praticamente alle porte della città) per i quali più volte numerosi soggetti sociali e culturali hanno richiesto la realizzazione di un Parco urbano (verde attrezzato, orti sociali, piste ciclabili, etc).

La Delibera di Giunta Comunale 201 del 25 luglio 2013 (allegato 2) apre una pericolosissima ferita nella concezione di bene comune che questa Amministrazione crede di possedere. Non ha seguito alcun percorso di partecipazione e condivisione e pone – con estrema leggerezza – fra i beni “alienabili” ettari di Murgia che potrebbero incorrere in vincoli di tipo idrogeologico o paesaggistico. I 134.000 euro che si intendono ricavare non coprirebbero affatto il valore d’uso che queste terre sicuramente avrebbero. Si potrebbe ipotizzare un nuovo contratto di affitto alle aziende agro-zootecniche che attualmente le gestiscono, una gestione in convenzione con cooperative di tutela ambientale (ripopolazione di avifauna, rinaturalizzazione botanico-forestale), un uso didattico e ricreativo, la concessione in comodato all’Ente Parco Alta Murgia che sarebbe in grado di gestirla in una visione pienamente integrata. Insomma tutto o quasi eccetto che la svendita irrimediabile.

Il Partito della Rifondazione Comunista di Ruvo di Puglia chiede espressamente alla Amministrazione Comunale di rettificare la Delibera suddetta stralciando l’inserimento dei terreni in ambito murgiano precedentemente riportati in tabella. 

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