Altro che primavera dei popoli, il grande inverno sta arrivando

di Pietro Pasculli

Tutto ha inizio nel 1973, il dollaro perde il suo valore storico di moneta di riferimento e crolla.

Se nel 1946 il 77% dell’approvvigionamento energetico proviene dall’emisfero occidentale (Stati Uniti in testa) nel 1961 il 90% è di provenienza mediorientale e dopo la caduta del dollaro i paesi possessori dei giacimenti energetici in Medioriente creano un cartello monopolistico che impone un rialzo enorme del prezzo del barile.

Le influenze politico – economiche iniziano a cambiare, gli Stati Uniti paiono perdere il ruolo di potenza guida del mondo anche in competizione con l’Urss.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 gli Stati Uniti ritornano ad alzare la testa e con il trattato di Maastricht del 1992, impongono agli europei una politica liberista ad oltranza, il neoliberismo, che vede l’annullamento totale dello Stato – degli aiuti statali, in favore del libero mercato, che ha come fine il processo di Globalizzazione.

Ma il capitalismo è intrinsecamente instabile, ha contraddizioni interne, è anti-capitalista.

Nel 2008 arriva così la crisi economica, ma i primi avvertimenti si leggono decenni prima.

I mercati statunitensi ed europei sono ormai saturi, bisogna trovare nuovi posti in cui vendere, bisogna trovare nuove merci di cui appropriarsi, bisogna ritornare ad essere quelli che si era prima del ‘73, quando il Medioriente era ancora assoggettato e inconsapevole.

L’Imperialismo è quell’azione coatta che serve ad imporre la propria egemonia su un altro territorio – popolazione per sfruttarlo da un punto di vista economico ed impadronirsi delle proprie risorse energetiche.

E allora Afghanistan, Pakistan, Iraq, Egitto, Libia e adesso la Siria.

La Siria è la conclusione di quel progetto di formazione di un Grande Medioriente completamente controllato e assoggettato dagli occidentali. La Siria è ricca di petrolio, gas naturale e prima del conflitto era uno dei più grandi produttori d’energia del levante con forti legami con Russia, Venezuela, India e Cina. Ancora, negli ultimi tempi la Siria stava avviando la costruzione di gasdotti e oleodotti che la avrebbero collegata con Egitto, Libano, Giordania e Turchia.

La Siria è il colpo di settembre, è il fantasista della squadra.

Il 20 e il 21 aprile 2013 all’Adij Sultan Palace, Istanbul, si sono riuniti i ministri degli esteri dei così detti Amici della Siria, undici paesi: Italia, Giordania, Germania, Francia, Egitto, Turchia, Stati Uniti d’America, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita, Qatar.

L’Italia con la sua portabandiera Marta Dassù, vice ministro, ha promesso ben 20 milioni di euro, in particolare per la ricostruzione, un affare per le società italiane “amiche” della Farnesina.

Gli americani invece, con John Forbes Kerry, War Star dai tempi dell’invasione irachena, hanno promesso 123 milioni di dollari in mezzi blindati, giubbotti antiproiettili ecc ed hanno convinto gli altri paesi aderenti a sostenere con finanziamenti massicci i ribelli.

Gli Amici della Siria, sono un invenzione dell’ex Presidente francese Sarkozy, sceneggiatore e protagonista con il Premier britannico Cameron, dell’attacco in Libia “per poterne spolpare risorse e ricchezze”.

Il copione è sempre lo stesso: bisogna intervenire per ristabilire la pace e la civiltà; bisogna impedire che i “cattivi” utilizzino armi chimiche – armi mai trovate o che decenni prima gli Stati Uniti stessi avevano provveduto a vendere a quei paesi per circondare militarmente l’Unione sovietica; bisogna aiutare i “civili – ribelli” che si sono organizzati e combattono per rovesciare il regime – “civili – ribelli” di varie nazionalità addestrati dagli americani tempo prima e poi spediti in Egitto, Libia e Siria.

Strategie militari studiate a tavolino e vendute al mondo come la Primavera dei Popoli per rendere moralistiche delle guerre di rapina.

Ed ecco alcuni “fiori” di questa primavera:

  • Fronte islamico siriano (Fis), Leader: Abu Abdullah al Hamawi (del Movimento islamico Ahrar al Sham).
    Combattenti: 25mila, secondo il Fis.
    Alleanza radicale salafita creata nel dicembre del 2012, riceve finanziamenti dai paesi del Golfo persico. Chiede l’istituzione di uno stato islamico retto dalla sharia.
  • Esercito siriano libero (Esl), Leader: Salim Idriss.
    Combattenti: 80mila uomini.
    La composizione attuale è nata in seguito a pressioni dei paesi occidentali e del Golfo che volevano farne l’ala militare dell’opposizione in esilio. Forte dei finanziamenti internazionali, Fronte islamico siriano di liberazione (Fisl).
  • Fronte al nusra, Leader: Abu Mohammed al Golani.
    Combattenti: Almeno cinquemila, secondo alcune stime, di cui molti stranieri.
    Area: Siria (forse anche Iraq).
    Affiliata a: Al Qaeda.
    Il Fronte al nusra ha cominciato a organizzarsi segretamente alla metà del 2011 con l’aiuto di Al Qaeda in Iraq. Gli Stati Uniti l’hanno inserito nel dicembre del 2012 nella lista delle organizzazioni terroristiche.

I così detti ribelli non sono altro che fondamentalisti islamici, molti dei quali legati ad Al Qaeda, gli stessi che fino a ieri Stati Uniti ed Europa ci dicevano di combattere e che invece oggi armano.

A Istanbul, durante l’incontro sul Bosforo, è arrivata la notizia che Jabhat al-Nusra, punta più avanzata della rivolta siriana, anche questa appoggiata dagli occidentali, conta tra le proprie fila i veterani del gruppo di Zarqawi, la cellula qaidista irachena famosa per la decapitazioni di ostaggi occidentali.

C’è più morale in una partita a Risiko tra ragazzini che nelle guerre contemporanee.

Negli ultimi giorni inoltre c’è un gran da fare nel “Ministero della Verità” dei paesi amici della Siria, nell’inventare scoop su presunti crimini effettuati da Assad.

Il più recente fa riferimento a una foto che ritrae una sala con centinaia di vittime di un presunto attacco con il gas sarin voluto da Assad e che invece giorni dopo si scopre essere uno scatto di una fossa comune in Iraq nel 2003.

Per quanto riguarda invece i crimini compiuti dai ribelli, spaventa il silenzio assoluto della stampa occidentale e di Al Jazeera e Al Arabiya, le due emittenti televisive del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti che hanno tutto l’interesse ad eliminare un concorrente come Assad, Qatar ed Emirati da sempre in affari con gli occidentali.

E poi oggi è 11 settembre, e ci si darà una gran da fare nella stesura di articoli e nella produzione di servizi televisivi sulle Torri Gemelle – abbattute dal capitalismo finanziario.

Ma dell’11 settembre in Cile del 1973 non si parlerà, non si parlerà di come Allende, presidente del Cile, marxista, eletto democraticamente, abbia resistito fino alla morte al colpo di Stato del dittatore fascista Pinochet, colpo di stato appoggiato – voluto – studiato dagli americani che provocò 40.000 vittime tra quelli morti durante il golpe ed i desaparecidos. Non si parlerà delle palazzine da 3 piani che crollano sotto le bombe oggi in Siria; non si parlerà delle vittime irachene degli 11 settembre in 8 anni di guerra; non si commemoreranno neanche quelle dell’11 settembre 2011 durante la guerra in Libia o quelle degli 11 settembre ormai passati e di quelli che ancora verranno della guerra in Afganistan.

Ma si sa, la prima cosa a morire durante una guerra è la verità.

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