Una Bad Godesberg al contrario

di Vincenzo Colaprice

Questa riflessione parte da un articolo letto quest’estate su Europa, organo di stampa del Partito Democratico. Pierluigi Castagnetti il 27 agosto, a quattro mesi dalla nascita del governo Letta, si fionda in una analisi della sconfitta post 24-25 febbraio oltre che con ritardo, ponendo un interrogativo che costituisce il titolo dell’articolo stesso: “Perché al Pd è mancata una Bad Godesberg”.

Ora senza girarci troppo attorno bisogna ricordare che Bad Godesberg, un quartiere di Bonn, Germania occidentale, nel 1959 è stato lo scenario in cui si svolse il congresso del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD) in cui si mandò in soffitta tutto ciò che riguardava Marx, Engels, filosofi, politici e rinnegati barbuti, il conflitto capitale-lavoro e tutto quello che i termini proletariato e lotta di classe avrebbero potuto indicare.

Le nuove parole d’ordine divennero: “Il socialismo democratico ha le proprie radici nell’ etica cristiana, nell’ umanesimo e nella filosofia classica”; “il partito socialdemocratico tedesco è il partito della libertà di spirito”; “i comunisti soffocano in modo radicale la libertà”; “un’economia coercitiva di tipo totalitario distrugge la libertà. Per questo la Spd approva il mercato libero in cui regna sempre una concorrenza effettiva”.

Parole che riportate ad oggi sembrano la descrizione dell’ideologia che guida la deriva neo o vetero (scegliete voi) democristiana all’interno del PD.

Castagnetti si chiede come è possibile che il PD continui ad evitare una Bad Godesberg, come è possibile che il PD abbia per l’ennesima volta “non vinto” nonostante la serietà del programma. A queste domande si può rispondere meglio oggi, all’indomani della legge di stabilità e delle successive benedizioni di Obama, Confindustria e banche. Quale altro tipo di Bad Godesberg dovrebbe attraversare il PD? Quale vera trasformazione può affrontare il PD? Un partito che si ritrova a governare col nemico di sempre e che diventa “grande!” quando salva ben altro tipo di stabilità, quella del governo; un partito che nella legge di stabilità viene prima tentato dai tagli alla sanità pubblica (giusto per distruggere quel che resta dello stato sociale) e poi ci rinuncia per bloccare la contrattazione per gli impiegati pubblici per tutto il prossimo anno, per offrire 220 milioni di euro alle scuole private, per istituire un contributo di solidarietà per gli esodati non tagliando spese militari o burocratiche ma prelevando il 5% e il 10% dalle pensioni d’oro (grandissimo sforzo, una patrimoniale no eh?), per reintrodurre tasse sulla prima casa ma soprattutto per ottenere la più grande vittoria di questa legge di stabilita: i 14 euro al mese che dovremmo ritrovarci in tasca, dovremmo perché l’aumento dell’IVA dovrebbe riassorbirli completamente.

Un partito del genere il cui unico fine resta l’accettazione passiva delle politiche di austerità e che nel suo prossimo congresso conta un nuovo spostamento verso destra, che Bad Godesberg può volere?

Un partito del genere la sua Bad Godesberg se l’è costruita nel tempo, partendo da quei parlamentari del PCI la cui massima aspirazione agli albori della segreteria di Occhetto era “respirare l’aria nuova del PSI” e che hanno trasformato la sinistra in centro-sinistra e nel baluardo del riformismo che ormai neanche ci prova a riformarlo questo sistema ma ci aderisce completamente.

Quale Bad Godesberg si può ancora volere? A Renzi, ormai futuro segretario del PD, si sta cercando di ricordare quello che è il PD: l’erede della resistenza, delle conquiste del movimento operaio, dello Statuto dei lavoratori, del pacifismo e di tante belle altre cose. Se davvero volete ricordare le origini comuniste, lontane ideologicamente più che cronologicamente, del PD al democristiano Renzi, fate una bella cosa sedetevi ad un tavolo e rievocatela insieme questa storia fatta di lotta, di militanti, di movimento reale e coglietene gli aspetti migliori, fate una Bad Godesberg al contrario. Altrimenti lasciate alla sinistra quello che è della sinistra, quella vera, quella che non si vergogna oggi nel XXI secolo di dire che non si vive per lavorare, che ci sono al mondo due miliardi di schiavi salariati, che questa Europa non può essere basata sull’austerità che rende sempre più ricco già lo è e crea nuovi poveri, che questo sistema che presenta ciclicamente e continuamente delle falle non può essere riformato ma abbattuto, che le idee di Marx non sono fallite, ma sono sempre più attuali.

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