Boicotta i test Invalsi!

del Partito della Rifondazione Comunista di Ruvo di Puglia

delle/dei Giovani Comuniste/i di Ruvo di Puglia

Dopo quelli somministrati in questi giorni nelle scuole primarie, domani sarà il turno delle superiori, le cui seconde classi affronteranno le tanto discusse prove Invalsi. Rifondazione comunista, questa mattina, ha effettuato attività di volantinaggio nei pressi del liceo “Tedone”, invitando gli studenti a boicottare le esercitazioni.

«Continuiamo a opporci fermamente a questi test, che da anni stanno diventando l’asse portante del modello di istruzione e formazione – spiega in una nota il segretario cittadino del partito Pierdomenico Di Terlizzi -. Ci opponiamo perché questi quiz costituiscono e incarnano tutto ciò che noi riteniamo dannoso per la scuola.

Se infatti da una parte svuotano totalmente il lavoro e le prerogative degli insegnanti, che si vedono di fatto annullare la possibilità di una valutazione reale, che tenga conto delle differenze, dei contesti, delle peculiarità di ogni scuola e di ogni studente, dall’altra omologano e standardizzano la formazione degli alunni. L’approccio didattico, di stampo anglosassone, è diametralmente opposto a quello della scuola italiana: all’insegnamento il più possibile individualizzato, che tiene conto dell’universo sociale-culturale-affettivo dell’allievo, si sostituisce una prova oggettiva asettica, che annulla, di colpo, la soggettività non solo dell’alunno, ma anche dell’insegnante; la relazione intersoggettiva, basilare in ogni sano rapporto pedagogico, è sostituita da una performance e una valutazione oggettive. A scuola si dovrebbero promuovere l’inclusione, la personalizzazione e l’individualizzazione del percorso formativo dello studente.

Le prove non misurano la buona didattica né il buon insegnante: un buon insegnante è colui che, rispettando i tempi e le attitudini dei suoi allievi, riesce ad appassionarli alla sua materia, riesce a coinvolgerli e a motivarli nello studio; tutto questo non si misura; Il processo di valutazione deve essere inteso come un processo culturale e non come un processo manageriale.

I test Invalsi non servono a migliorare la qualità della scuola: se qualcuno pensasse che, una volta arrivati i risultati delle scuole, il Ministero se ne servisse per aumentare i finanziamenti per le scuole risultate più deboli, sarebbe del tutto fuori strada. Nella meritocrazia succede esattamente il contrario: avranno più soldi le scuole che otterranno risultati maggiori; e che faranno, ci chiediamo, quei bambini che, casualità vuole, sono finiti in una scuola di serie B o C? Se la terranno, alla faccia del diritto per tutti a una scuola di qualità. Certo è che il loro titolo di studio varrà di meno, come in ogni privatizzazione che si rispetti. Si può facilmente dedurre che ci sia la volontà di lasciare indietro chi è già è in situazione di disagio economico e socioculturale, di non intervenire per diminuire la dispersione scolastica, ma di invertire il diritto costituzionalmente garantito di offrire a tutti le stesse opportunità formative a favore della premialità.

Le prove inoltre non sono anonime. La realtà è che hanno notevolmente contribuito a peggiorare non solo la formazione individuale di ognuno (anzitutto svuotando e svalorizzando il lavoro degli insegnanti), ma sono state elemento decisivo per la trasformazione del ruolo sociale della scuola, da pilastro costituzionale e sociale del Paese a contenitore di percorsi omologati e asserviti al sistema di aziendalizzazione dei saperi.

Ci opponiamo – prosegue il comunicato – perché crediamo che la scuola sia anzitutto valorizzazione delle attitudini e degli interessi, approfondimento e strumento di crescita collettiva, di autodeterminazione e di emancipazione collettiva.

Crediamo che la scuola debba essere collegata al contesto socioeconomico in cui opera, debba concentrarsi sulle specificità dei luoghi e delle persone, e non disperdere la propria funzione – anche ma non certo soltanto valutativa – in quiz completamente inutili e dannosi la sua funzione primaria.

Per gli insegnanti, per il rispetto del loro lavoro e perché abbiano la possibilità di svolgerlo davvero, non facendo i passacarte di prove elaborate da altri, per altri scopi, e tramite le quali poi verranno valutati anche loro stessi (in quanto dagli esiti il Ministero ricava anche informazioni sull’efficienza della scuola e quindi degli insegnanti). Per gli studenti, perché possano formarsi e crescere, non essere valutati sulla base di quiz a crocette: per il loro diritto a una formazione reale. Per tutte queste ragioni invitiamo a boicottare i test, non entrando a scuola.

Dal momento che gli Invalsi sono oggetto di valutazione, il non compilarli alimenta comunque la loro funzione e il loro meccanismo. Diciamo il nostro secco No a questi test. Per essere liberi di sapere, per sapere di essere liberi», concludono.

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