Il pifferaio magico e la bella addormentata

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di Angelantonio Minafra

È finito il tempo di raccontare favole ai bambini, anime innocenti non ancora capaci di affrontare la durezza della realtà, per farli star buoni e sognare universi fantastici in cui tutto va per il meglio. Ma talvolta sentiamo l’esigenza di affidarci ancora un po’ all’inconsapevole dolcezza dell’indistinto, senza spazi e tempi cogenti, anche per smaltire la sbornia di ‘realismo’ a cui ci obbligano ad adeguarci.

Ci dicono che il “futuro sindaco” del PD (non sappiamo di quale coalizione di centro-sinistra si parli, se non di un centrismo funzionale solo alla conservazione del ben poco potere residuo in capo ai Comuni) sia persona stimabile e rispettata e non ne abbiamo alcun motivo per dubitarne. Non lo abbiamo visto all’opera e non siamo inclini a giudizi sommari.

Del resto abbiamo votato, in altre ere politiche, anche il sindaco Ottombrini , anch’egli persona stimabile e rispettata. Per quanto aspro il confronto politico e sostanziale il disaccordo con la sua amministrazione, non abbiamo mai creduto nei capri espiatori e sappiamo che le responsabilità personali vengono spesso sovrastate da quelle collettive.

E il PD sappiamo ormai essere un mediocre e transiente partito centrista, in cui personaggi in cerca di autore si aggrappano alla subordinazione della cosa pubblica agli interessi della borghesia imprenditoriale e dei ceti professionali, nella speranza di ricevere qualche briciola per sé. Di che modernità e riformismo ci parla il PD renziano se non di una ottusa e inefficace classe politica che ipocritamente si dice persino erede di Moro e Berlinguer, e seppellisce nella materialità dei fatti (la controriforma del lavoro, l’abolizione dell’articolo 18 e il disprezzo per il sindacato, le devastazioni dello Sblocca Italia, le privatizzazioni del patrimonio pubblico),  prima ancora che nel diritto, la Costituzione repubblicana?

Ma torniamo al rispettato e stimabile “futuro sindaco”. Poiché crediamo che lo sia davvero, non tarderà a porsi domande e darsi delle inevitabili risposte. Soprattutto si appresti a dare una occhiata  approfondita ai dintorni suoi e del suo partito. Sappia che verrà giudicato in base alle persone di cui si circonderà e agli atti concreti eseguiti davvero negli interessi di una città allo stremo sociale e morale e non delle piccole consorterie che hanno sostituito prebende e favori e nepotismo dell’ epoca democristiana ad un piccolo cabotaggio di sopravvivenza.

Chieda il “futuro sindaco” ai suoi perché hanno avuto tanta fretta nel modificare, con maglie larghe e confacenti alla rendita di posizione proprietaria, il regolamento sulle monetizzazioni. Chieda perché non sia stata effettuata una regolare gara per la raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, con la motivazione ufficiale che tanto la costituzione dell’ARO (l’Azienda intercomunale a controllo pubblico) era imminente (novembre 2011!). Chieda se l’incremento dei costi di tale smaltimento sia da attribuire solo alla distanza delle discariche o anche ad un errato modello di gestione, incapace di ridurre a monte la produzione di rifiuti.

Chieda a chi giova un PUG adottato da  un Consiglio Comunale in articulo mortis e che prevede nuovi assi viari di circonvallazione ed aree di espansione e addirittura una seconda zona industriale sulla statale verso Corato, quando la prima ha aree inesplorate e capannoni abbandonati. Chieda perché si vuole modificare – magari al ribasso –  il lotto minimo per l’edificazione ‘rurale’ nell’agro. Siamo sicuri che i costi delle opere di urbanizzazione (strade, luce, acqua, gas, fogne, infrastrutture) saranno tutti a carico di chi costruisce e non della collettività? Siamo invece certi che la scomparsa dei suoli agricoli e la loro ‘valorizzazione’ ai fini edificatori  sarà ad unico vantaggio dei proprietari.

Ma per porsi queste domande bisogna aver capito che il modello di sviluppo fondato sul mattone e sull’asfalto ha i giorni contati. Che la speculazione, finanziaria o edilizia che sia, è la prima causa della crisi del capitale che crea disoccupazione e precarietà. E che invece il recupero e l’uso collettivo delle risorse (terra, acqua, energia, patrimonio storico e immobiliare) sono l’unica via di uscita per creare lavoro e redistribuire la ricchezza prodotta, conservando e non distruggendo.  Cercando di condividere e cooperare e non di appropriarsene.

Questa campagna elettorale ha esercitato un grande compito chiarificatore. Abbiamo capito che siamo soli a difendere questi principi, che la cosidetta ‘società civile’ dei tecnici e dei professionisti è finita ingloriosamente a barattare i suoi piccoli interessi di bottega, a curare il suo portafoglio, a lamentarsi dei malanni pubblici e a godersi la ricchezza privata. Della sedicente ‘sinistra ruvese’, di questa banda di complici e fiancheggiatori del PD, non vale nemmeno la pena di sprecare parole.

Forse sarà vero che i nostri arnesi di comprensione della realtà saranno diventati vecchi e inservibili e la nostra capacità di comunicare con i soggetti attivi della società ormai inadeguata, ma non ci ha ancora abbandonato la virtù della coerenza.

Il pifferaio incanterà con le sue melodie le anime candide che saranno ben disposti a seguirlo. Ma la bella addormentata avrà purtroppo un amaro risveglio.

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