Riflessioni sulla scuola al tempo del Covid

di Carmen Roselli

Esattamente settant’anni fa Piero Calamandrei scriveva: “Quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il Presidente della Repubblica, la magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue. Gli organi ematopoietici, quelli da cui parte il sangue che rinnova giornalmente tutti gli altri organi, che porta a tutti gli altri organi, giornalmente, battito per battito, la rinnovazione e la vita”.
Parole che, oggi più che mai, dovrebbero risuonare in tutta la loro potenza, offrendo prima a chi decide sulla, e poi a chi opera nella scuola, una prospettiva di pensiero e di progetto che si fondi sul peso specifico di ciò che è in discussione.

La tecnologia, da intendersi come fecondo connubio tra scienza e tecnica , già da tempo parte integrante della vita delle persone, ha mostrato un risvolto quasi “salvifico” rispetto ad alcuni servizi essenziali: non può dubitarsi del fatto che in una situazione di emergenza pandemica e al netto delle tante difficoltà, prima di tutto di accesso, poi tecniche e di contenuto, è solo grazie alla tecnologia che è stato possibile garantire una certa continuità al servizio educativo, pur pagando, anche questo è un dato, un costo, anche alto, in termini di pieno rendimento.

La sfida di tener in vita la scuola, pur nella chiusura delle scuole, facendo ricorso in maniera improvvisa, drastica ed esclusiva a una offerta formativa a distanza su tutto il territorio nazionale e per le scuole di ogni ordine e grado, ha trovato – e continua a trovare – risposte diverse, in alcuni casi purtroppo molto diverse, dovute certamente a significative differenze sul piano dell’accesso alla rete da parte degli utenti, in questo caso alunni, al diverso grado di conoscenza delle tecnologie da parte dei docenti, ma anche a una inevitabile impreparazione mentale e di spirito che tutti noi abbiamo dovuto scontare una volta scaraventati in una dimensione dell’esistenza del tutto sconosciuta.
Con così tante variabili, i giudizi non possono essere netti né unitari. Non si tratta, peraltro, di criticità sofferte solo nel nostro Paese, ma globali. È vero, la scuola italiana non era preparata a tutto questo. Poteva farsi diversamente? Forse…

Riprendendo le parole di Sarah Reckhov, Professoressa del Dipartimento di Scienze Politiche della Michigan State University, “Le decisioni più difficili ci sono senza dubbio davanti, piuttosto che dietro di noi”. L’esigenza di (ri)tornare a scuola, o meglio di rientrare nelle scuole, si lega innanzitutto alla loro “fisicità”. In questa direzione, un percorso forse meno costellato di insidie e ostacoli può essere individuato rivolgendo ancora una volta lo sguardo a quel concetto di scuola aperta a tutti, da declinarsi, ora più che mai, nei confronti della comunità e del territorio di riferimento per provare a sperimentare, da subito, forme e modalità nuove di spazi educativi diversi, ulteriori, che coinvolgano direttamente la dimensione della città e le sue plurime componenti socio-culturali. In questa prospettiva di cambiamento epocale ben si inserisce e fa ben sperare l’introduzione della valutazione descrittiva nella scuola primaria.

Scriveva Pietro Barcellona, in un lavoro dal titolo “Il caso italiano tra economia globale e crisi sociale”, che “ in un’epoca di transizione (…) il problema è di capire il significato dei fatti per cercare di decifrare le aspirazioni, le mete, le emozioni e le rappresentazioni degli individui in carne ed ossa che abitano le città e le regioni di questo pianeta. Ciò che occorre decifrare, con umiltà e pazienza, è ciò che una volta si chiamava lo “spirito del tempo”, perché solo così e non altrimenti potremo cercare di elaborare le nostre domande e le nostre risposte”. Anche la scuola, dopo l’emergenza Covid-19, non può sottrarsi a una sfida di tale respiro…

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