Serhildan: la lotta di un popolo

TOPSHOTS-TURKEY-SYRIA-CONFLICT-KURDS

di Pietro Pasculli

Al termine della Prima Guerra Mondiale l’Impero Ottomano decade. Il trattato di Sèvres del 1920 prevede la formazione di stati nazionali secondo il principio dell’autodeterminazione etnica – culturale – religiosa. Questo avrebbe dovuto portare alla nascita di stati nazionali per i Kurdi, Armeni e Arabi, oltre che lo stato Turco. Per quando riguarda il Kurdistan invece, questo sarebbe stato in un primo momento interno alla Repubblica turca, e nel caso in cui la popolazione kurda avesse voluto, i kurdi avrebbero potuto a buon diritto richiedere ed ottenere l’indipendenza. Mustafa Kemal Ataturk, fondatore della Repubblica Turca oltre a promettere “i turchi e i kurdi vivranno insieme in fraternità e uguaglianza” sottoscrivendo il trattato di Losanna del 1923 si impegna “a garantire piena e integrale tutela della vita e della libertà per tutti gli abitanti della Turchia senza distinzione di nascita, nazionalità, lingua, origine etnica e credo religioso […] tutti gli abitanti della Turchia saranno titolari del diritto di praticare, in pubblico come in privato, ogni fede, religione ed opinione” e ancora “nessuna restrizione sarà esercitata circa il libero uso, da parte di ogni cittadino, di qualsiasi lingua nelle relazioni private, nelle pratiche commerciali, nella stampa. […] i turchi e kurdi sono patner uguali per quanto concerne il governo della Turchia”.

Nonostante il trattato, Kamal mette in atto quella pratica di deportazione – occupazione – azzeramento dell’identità culturale che stava caratterizzato il made in Italy della politica italiana nei confronti del popolo slavo. I Kurdi infatti, classificati come “gruppi a rischio” all’assimilazione turca vengono deportati in massa, ghettizzati a oriente e impedita loro qualsiasi forma di espressione che caratterizzasse la loro cultura. Nel ‘24 un decreto governativo mette al bando tutte le scuole, le associazioni, le pubblicazioni, le confraternite e la lingua kurda. Vengono cambiati i nomi di oltre 20.000 città kurde con toponimi turchi e viene vietato ai genitori di dare nomi kurdi. Questi provvedimenti tutt’ora in vigore hanno portato a casi eclatanti come quello di Serafattin Elci, ministro dei Lavori pubblici nel ‘78 – ‘79, processato e incarcerato per aver affermato: “Io sono kurdo” La situazione precipita negli anni ‘90. Soltanto nel ‘94 – ‘95 le autorità turche perseguono penalmente 15 membri del parlamento che si erano fatti portavoce delle rivendicazioni kurde; 23 redattori di testate impegnate nella questione vengono assassinati dallo stato, e secondo i dati dell’Ihd, associazione per i diritti umani: “solo nel corso del ’94 furono tratte in arresto 14.473 persone, 328 delle quali scomparvero prima del rilascio; 298 esecuzioni extragiudiziarie, alle quali vanno aggiunte 192 omicidi di natura sospetta. 458 sono le morti di civili provocate dai militari turchi e 574 ferite.”

Ancora, del 1998 è il caso Frisullo. L’attivista comunista pugliese (a cui è dedicata la sezione cittadina di Rifondazione Comunista – Ruvo di Puglia), il 21 marzo, durante le celebrazioni del Newroz, il capodanno kurdo, viene arrestato per “aver istigato all’odio e all’inimicizia la gente, sulla base di differenze razziali e regionali”. Dopo un mese di prigionia in condizioni disumane e mobilitazioni di solidarietà in tutto il mondo, al processo del 28 aprile viene “graziato” senza poter far più ritorno in Turchia. Sul finire degli anni ’90, una nave kurda ringrazierà Dino per tutto l’impegno profuso nella lotta di liberazione del popolo kurdo, riportando sulla fiancata della stessa barca la scritta Frisullik.

Nonostante questo clima di negazione sistematica e di violenza alla fine degli anni ‘70 è nato il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Di matrice ideologica marxista, da movimento studentesco formato da una ventina di elementi, negli anni 90 arriva a contare 400 mila militanti. Il partito messo al bando ed in seguito dichiarato terrorista, ha come suo fine la liberazione del popolo kurdo vittima del colonialismo e titolare del diritto all’autodeterminazione. Il PKK gode del sostegno oltre che dei kurdi turchi, anche della Siria, dei kurdi siriani e dei kurdi irakeni. Al contrario viene dichiarato terrorista da Europa e Stati Uniti.

Ma come può un partito essere dichiarato terrorista in uno stato di polizia totalitario?

Il PKK si è dovuto costituire come un organizzazione politica armata nel momento stesso in cui Ankara ha chiuso ogni tipo di dialogo ed ha agito con la violenza. Inoltre nel 1973 la stessa Onu, parlando in materia di autodeterminazione dei popoli dichiarò “di fare ricorso ad ogni strumento” ed approvò: “la lotta dei popoli sottoposta a dominio coloniale o straniero o a regimi razzisti, avente il fine di conseguire il diritto dell’autodeterminazione e all’indipendenza, è legittima e pienamente aderente ai diritti dei popoli”. Come possono l’Europa e gli Stati quindi appoggiare le dichiarazioni turche sul Pkk, quando è la Turchia stessa ad essere “terrorista” nei confronti dei principi dell’autodeterminazione dei popoli? E perché nonostante la denuncia delle associazioni sui diritti umani, gli arresti, le torture, le scomparse, i casi “Frisullo”, Europa e Stati Uniti non hanno mai attuato un pugno di ferro nei confronti della Turchia? Il 23 Aprile 1998, Turchia ed Israele sigillano un accordo militare su licenza americana. La strategia è: ridimensionare il mondo arabo, fare razzia delle risorse locali e conquistare nuovi marcati anche a costo di incendiare il Medio Oriente con una nuova guerra.

La Siria di Assad reagisce ad ottobre con un editoriale governativo in cui paragona la repressione Kurda dei Turchi a quella Israeliana nei confronti dei Palestinesi, ed inoltre legittima e sostiene la lotta del Pkk ed il suo presidente. L’Iraq di Saddam Hussein si dice solidale con la Siria ed afferma: “la Turchia è manovrata da forze straniere ostili agli arabi” con chiaro riferimento a Israele e Usa. Mubarak dall’Egitto si oppone sia ad un eventuale invasione della Siria che al genocidio Kurdo compiuto dai Turchi. La Libia di Gheddafi dal canto suo minaccia di espellere gli aziende turche dal proprio paese. A distanza di 16 anni da quel 98 le risposte agli interrogativi sopra riportati sono una semplice formalità. Possiamo notare come gli interessi economici occidentali prevalgano e sono la vera spinta propulsiva della loro – nostra politica estera al di là della lotta per la liberazione dei popoli. Le armi di distruzione di massa, il terrorismo, l’instaurazione della democrazia, non sono altro che squallide – false motivazioni da dare a quello che in realtà è l’intento del blocco occidentale: la depredazione e la conquista di nuovi mercati. A distanza di 16 anni, il disegno voluto da Stati Uniti ed Europa è quasi concluso. Saddam, Gheddafi e Mubarak non ci sono più. Assad è l’ultimo ostacolo che rimane ad una totale “occidentalizzazione” del medio oriente, sede degli approvvigionamenti energetici di tutto il mondo. Il Kurdistan galleggia sul petrolio. Se per far questo serve essere amici della Turchia e quindi essere complici del genocidio attuato da tale stato nei confronti del popolo kurdo, questo è un “sacrificio” che bisogna e si deve fare.

 

 

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