Libertà o salute, ovvero la bilancia al tempo del coronavirus

di Walter Lanotte

Mai titolo fu più azzeccato. Mi sono immaginato in scenari difficili diverse volte, per i casi più disparati e per la stupidità umana nonchè per il modello economico dominante, che tutto mi sembra tranne che sostenibile. Tuttavia, e parlo da pessimista, mai mi sarei aspettato una scenario simile a quello che sto vivendo in questi giorni.
Sono un giovane musicista che studia in Conservatorio e lavora sempre nel campo musicale, quindi un lavoratore autonomo a tutti gli effetti fra lezioni, concerti e produzioni, uno di quelli che per lo stato italiano fondamentalmente è invisibile. Ma su questo magari ci torniamo dopo.

Facciamo un piccolo recap: il 31 Gennaio viene ratificato lo stato di emergenza fino al 31 Luglio per la sempre più crescente emergenza coronavirus. Non succede nulla fino al 21 Febbraio, data fatidica scoperta della positività al Covid-19 nel famoso paziente 1 (che probabilmente paziente 1 non lo è mai stato). Se già qua ci si accorge del quasi mese di mancata prevenzione nonostante lo stato di emergenza di fine Gennaio, siamo sulla buona strada. Il 23 Febbraio viene emanato il primo decreto-legge (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/23/20G00020/sg) dove in un certo senso (per quanto ne capisca, dato che il mio campo di studi non è certamente la giurisprudenza) Conte si accolla pieni poteri legislativi, previa riunione con altri ministri di competenza, esercitati tramite dpcm ai fini di contenere l’emergenza sanitaria. Un’ottima mossa da giurista per avere uno scudo protettivo, anche a livello puramente legislativo e politico (vi rimando a questo video dell’avv. Greco https://www.youtube.com/watch?v=R9IGsoymwzU). Sulla legittimità di questa mossa però non posso esprimermi poichè mi mancano gli strumenti cognitivi adeguati.

Seguono quindi i dpcm del 1, 4, 9, 11 e 22 Marzo. (http://www.governo.it/it/approfondimento/coronavirus-il-decreto-legge-23-febbraio-2020-e-il-dpcm-attuativo/14173) No, non sto dando i numeri: restrizioni sempre più esasperate, moduli di auto-certificazione che cambiano più in fretta delle personalità di Kevin Wendell Crumb in Split, multe sempre più salate nei confronti dei “furbetti”. Gli effetti a livello sociale di tutto questo? Memi sui social, aumento della popolarità del premier/avvocato, corse ai supermercati, runners solitari usati come capri espiatori e clima da caccia alla streghe.
Ma facciamo un passo indietro: cos’è un dpcm? Un dpcm è un “decreto del presidente del Consiglio dei ministri”, che ha “valore” legislativo secondario. Potete cercare un po’ su Google (o Ecosia, nel caso la svolta ecologista abbia già fatto breccia in voi) e farvi un cultura più ampia: io mi limiterò a citare le parole di Francesco Clementi, docente di diritto pubblico comparato all’università di Perugia. “I Dpcm […] è un tipo di fonte di rango secondario che non passa nè il vaglio del Parlamento nè quello del Capo dello Stato”; o nelle parole di Michele Ainis, giurista costituzionalista e componente dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato: “Il Dpcm è un atto di normazione secondaria, non è un atto che ha la stessa forza della legge”.

Arrivo al nocciolo della questione e forse anche più in là spero, con i miei limitati mezzi: la tutela della salute può essere meno importante della tutela della libertà? Molti vedranno in questo null’altro che un astratto quesito filosofico dettato dalla noia delle misure di restrizione e della quarantena impostaci. Magari avranno pure ragione, per carità. Forse non è il momento opportuno per parlare di questo. Oppure lo è perchè anche in situazioni difficili avere la mente lucida e uno spirito critico significa essere cittadino e non servo. Lascio a voi lettori alla fine di tutto quest’articolo l’onere di decidere come meglio crediate. Io posso solo dire ciò che penso senza troppi orpelli.
Io non voglio che si crei un precedente che possa portare ad una svolta autoritarista dello stato, anche in tempi di emergenza sanitaria.

Mi rifaccio ancora alle parole di Michele Ainis:”Lo sfondo generale è la necessità di bilanciare tutela della salute e diritti democratici. Questo è complicato con una emergenza di questa portata ma, a maggior ragione, non può essere un precedente e quando questa emergenza finirà non si potrà perpetrare questo metodo. In questa fase il Dpcm è un atto più snello e rapido. Il decreto è un atto collegiale, il decreto del presidente del Consiglio è un atto individuale”.

Non so a livello strettamente legale come tutto questo andrà considerato dopo l’emergenza, ma so certamente che ai miei occhi far uscire così tanti decreti in un lasso di tempo ridotto denota un’imbarazzante incapacità governativa, in barba alle bimbe di Giuseppe Conte. Non far riunire le camere per emanare un decreto-legge di durata prestabilita è violare le libertà che ci sono stato garantite dai padri costituenti.

E la mia valutazione peggiore se tengo conto di tutti i risvolti negativi a livello personale/sociale, della libertà concessa alle aziende nonostante le misure di sicurezza a volte molto scarse nei confronti degli operai, dei lavoratori a nero e/o autonomi, che in questo momento per lo stato semplicemente non esistono!
E in tutto mare magnum assisto alla costante banalizzazione dell’opinione pubblica in due fazioni: i #restiamoacasa e i #furbetti. La questione è quantomai complessa, l’emergenza è complessa, e perfino le leggi lo sono: perchè si devono avere posizioni così superficiali senza alcun fondamento?

Ha senso riprendere con smartphone un uomo che gioca con il proprio cane lontano dalla propria abitazione da solo? Ha senso vedere persone in gruppo in strada? Ha senso restare a casa quando essa viene vista come una prigione e non come rifugio? Ha senso uscire per un passeggiata da solo perchè non se ne può più? Ha (avuto) senso permettere gli esodi dal Nord sul Sud della penisola senza alcuna conseguenza legale? Ha senso invocare l’esercito e l’uomo forte che ci dica come vivere? Ha senso mettere di fronte alla legge come uguale tutti questi comportamenti senza distinzione in correlazione con i rischi o le precauzioni adottate? Ha senso sentirsi isolati e bisognosi di un’altra persona, quantunque questa sia lontana? Potrei continuare per ore, ma se avete già delle risposte ferree e inamovibili buon per voi.
Tutti però in qualche modo invocano il ritorno alla normalità, #restiamoacasa o #furbetti che siano.

Io non lo invoco il ritorno alla normalità.
Non è normalità per me gestire un’emergenza a colpi di dpcm senza avere un minimo di programmazione quando lo stato di emergenza è stato firmato il 31 Gennaio e si è avuto un quasi un mese prima di prendere i primi, timidi provvedimenti. Non è normalità mettere in isolamente tutta la popolazione senza distinzione alcuna e far continuare gli operai a lavorare come carne da macello per due settimane. Non è normalità quella in cui Silvio Berlusconi dona 10 milioni dopo averne evasi 380! Non è normalità quella di uno stato che investe in armamenti bellici e taglia scuola e sanità. E questo stesso stato toglie libertà ponendo dall’altro lato della bilancia la salute pura e incodizionata? Troppo semplice così, dopo tutto questo.

Io non voglio tornare alla normalità: io voglio distruggere il vostro mondo dove l’economia viene prima della politica e dove le persone e le fasce più deboli sono schiacciate da tutto questo. Voglio vederlo bruciare. E voglio che le stesse persone siano consapevoli che il governo, quelli prima o quello attuale che sia, non ci ha salvato e non ci sta salvando. E spero che la mia generazione prenda coscienza di questo, sfornando qualche meme in meno e lottando un po’ di più.

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