E li chiamano ancora “di sinistra”

 

di Vincenzo Colaprice

E li chiamano ancora “di sinistra”. E perché no! Li chiamano addirittura “comunisti”. Loro, comunisti. Loro che oggi vanno fieri della loro collocazione politica: il centro-sinistra. Termine più democristiano che mai!

Berlinguer, idolatrato e distorto a piacimento dai personaggi del centro-sinistra (usando prima il suo discorso sull’austerità per giustificare l’austerity, di tutt’altra portata, imposta dall’Europa economica via Monti e, ancor più vergognoso, recentemente accostando l’inciucio PD-PDL al compromesso storico), in un suo discorso a Roma nel 1977 disse:

Il metodo di lavoro dei comunisti non è quello del centro-sinistra. […] Per trasformare la nostra società si tratta non di applicare dottrine o schemi, non di copiare modelli altrui già esistenti, ma di percorrere vie non ancora esplorate, e cioè di inventare qualcosa di nuovo che stia, però, sotto la pelle della storia, che sia, cioè, maturo, necessario e quindi possibile.

Quel centro-sinistra di cui sto parlando è quel gruppo informe e anormale che si chiama Partito Democratico. Un partito definito a spregio “comunista” dai suoi avversari, ma considerato ancora “comunista” da chi lo vota. Ma cos’ha di comunista il PD?

Niente, solo l’eredità legale di quel pezzo di storia che, nel bene e nel male, è stato il PCI, l’eredità del suo simbolo, dei suoi personaggi, dei suoi luoghi, dei suoi dirigenti e dei suoi elettori (in larga parte). Ma di quell’immensa eredità ha perso le tradizioni e gli ideali.

Un manipolo di dirigenti che decise con la svolta della Bolognina e il congresso di Rimini di mandare in soffitta Marx, Engels, Lenin e tutte le lotte in rappresentanza della classe operaia e non solo. Una decisione non troppo condivisa da quella base che qualche mese fa si è ritrovata nelle piazze di Roma a stracciare le tessere del PD.

Un mutamento voluto da un gruppo dirigente che ha accolto a braccia aperte la socialdemocrazia liberista, una politica già tanto invidiata al PSI di Craxi, simbolo sì di una sinistra italiana al potere ma anche di una sinistra corrotta, di una sinistra che si sposta sempre più al centro, di una sinistra che si piega agli interessi dei padroni, difendendo le proprie poltrone piuttosto che i diritti dei lavoratori, di una sinistra compromessa con il simbolo della “democrazia imperfetta”, la Democrazia Cristiana.

Assomiglia tanto alla DC il PD di oggi. Basti solo pensare che l’ala che attualmente tenta la scalata alla segreteria del PD è guidata da Renzi, un uomo di centro-destra e proveniente dagli ambienti democristiani. Lo stesso Presidente del Consiglio è un ex DC, Enrico Letta ed anche l’ex presidentessa del PD, Rosy Bindi.

Un partito che assomiglia in tutto e per tutto alla Democrazia Cristiana, un partito capace di giocare con l’elettorato, di proporsi di sinistra, pardon, di centro-sinistra per essere asservito agli interessi capitalistici e finanziari, per essere strumento delle lobbies, per “applicare – le stesse – dottrine e schemi” rifiutate da Berlinguer ma ora dettate dalla UE, per essere rappresentante di nessuno, per essere foriero di una politica del nulla.

L’attuale governo Letta è il sincretismo di tutte le ideologie che stanno alla base del PD: la dottrina sociale cattolica, il vuoto socialismo (orfano dei suoi pensatori e tendente ad un liberismo attenuato), l’opportunismo politico, l’atlantismo, il desiderio di potere. Un desiderio, quest’ultimo, che giustifica pienamente l’attuale esecutivo: l’intenzione di capovolgere il risultato delle ultime e deludenti elezioni politiche.

Fa ridere pensare all’ideologia che ha guidato il PDS, i DS ed infine il PD: l’antiberlusconismo. Un’antiberlusconismo sbandierato ovunque ma mai messo in atto, un’antiberlusconismo fatto di compromessi, di patti, di favori, di spartizioni di seggi e di poteri.

Grillo dice che non esiste più la sinistra e la destra. E dice bene solo in quanto i due partiti che si fanno promotori di politiche di centro-sinistra e centro-destra, PD e PDL, non hanno nulla di diverso ma tutto in comune. Ma se il PDL mira ancora alla difesa della media ed alta borghesia, nonché degli interessi capitalistici, il PD è il partito del vuoto. Non si sa chi e cosa difenda. Ha appoggiato tutto e tutti in questi anni, non ha mai fatto opposizione salvo poi chiedere il “voto utile” in tempo di campagna elettorale.

Il PD ha contribuito alla distruzione dell’art. 18 appoggiando il governo Monti e quando ha avuto, come in questi giorni, la grande occasione per distruggere definitivamente il centro-destra berlusconiano ha addirittura concesso al PDL i giorni necessari per riorganizzarsi ed in queste ore sta tentando di regalare l’impunibilità a Berlusconi, mutando l’ineleggibilità in incompatibilità.

Il fiero contributo al paese di un partito che non ha mai avuto intenzione di colpire l’impero mass mediatico di Berlusconi, come denunciato già da Violante (all’epoca DS) durante il governo Berlusconi II nel 2002, in un ormai celebre discorso alla Camera:

Onorevole Anedda, la invito a consultare l’onorevole Berlusconi perché lui sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di Governo, che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l’onorevole Letta. A parte questo, la questione è un’altra. Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto di interessi, avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni… Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte.

Il fiero tentativo invece di spartirsi assieme la torta e di fare a gara per il titolo di “meno peggio”.

Ed ecco che così scompaiono e sfumano gli anni delle lotte operaie e contadine del secondo dopoguerra, svanisce l’opposizione dei giovani del Sessantotto, muoiono le grandi partecipazioni di massa del cosiddetto “popolo comunista”, restano degli idoli da riporre in cantina le grandi figure come Longo, Berlinguer ed altri, diventano “passato da cancellare” l’ideale e l’identità comunista o marxista (a tal proposito non si può dimenticare la squallida giustificazione ai pugni chiusi alzati da Bersani e colleghi alla vittoria delle ultime primarie, ovvero un collage di foto per dimostrare quanto il pugno chiuso non sia un simbolo di sinistra).

Allende nel suo ultimo e drammatico discorso al popolo cileno disse:

La storia è nostra e la fanno i popoli.

Bene sarebbe ora che quel popolo tanto illuso e bistrattato da un partito che di sinistra o centro-sinistra non ha più nulla, si risvegli e riprenda coscienza per una nuova sinistra, che sia rossa e non più arancione, marxista e non più liberista, che percorra vie non ancora esplorate e non copii modelli altrui già esistenti, che sia anticapitalista e non più liberista. “La storia è nostra e la fanno i popoli”, appunto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.